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I brevetti

  • Mario Leonetti
  • 21 ott 2015
  • Tempo di lettura: 2 min

I produttori di cavatappi inglesi, aiutati da una legislatura del fine settecento, che prevedeva la registrazione sia del marchio che dei relativi brevetti, con il primo brevetto depositato dal reverendo Samuel Henshall, nel 1795, al quale sono seguito fino ad oggi più di 350, diedero inizio alla diffusione del cavatappi come arnese da cucina per togliere il tappo di sughero dalle bottiglie.

Le sigle che contraddistinguono il brevetto di invenzione variano da nazione a nazione.

Con la sigla PATEND, seguita dalla data di deposito, sono contraddistinti i brevetti registrati in Inghilterra.

Per i brevetti Francesi le registrazioni fanno corso a partire dalla registrazione del brevetto del 1828 e portano impresso la sigla S.G.D.G. o DEPOSE, mentre per i tedeschi, contraddistinti dalla sigla D.R.G.M. o D.R.P., bisogna spettare il 1877.

Il cavatappi detto a macinino, dotato di una leva rotante sulla vite senza fine uguale a quella del macinino del caffè, nasce alla fine dell’Ottocento, rimanendo di moda fino agli anni trenta.

I cavatappi detti “a farfalla”, sono dei primi anni dell’Ottocento, mentre nel 1828 si ha il primo brevetto francese “a rubinetto” e nel 1838 quello a “doppia vite”. Solo nel 1860 nascono i primi cavatappi in America.

In Italia la produzione viene realizzata da abili fabbri e piccoli artigiani del tempo, (tutti accomunati dall’impiego e dalla lavorazione del ferro), che iniziano a studiare e produrre queste “viti per bottiglia”.

Nei racconti di famiglia e nei ricordi di mio padre, si racconta di rudimentali cavatappi in ferro che mio nonno Michele, abile artigiano, realizzava su ordinazione, piccoli cavatappi in ferro con la classica forma a “T” per i nobili della Sila e Presila cosentina, stesso arnese ma con misure e utilizzo diverso, per i falegnami il “succhiello scavino”, per i calzolai il “punteruolo” e per i bottai, uno molto grande, la “trivella” che serviva per praticare i fori alle botti. Per via della produzione artigianale e limitata, difficilmente i cavatappi venivano personalizzati. Ciò nonostante si riconoscono le soluzioni tecniche applicate a tre tipologie costruttive tipiche: il cavatappi a vite, massiccio, con campana aperta, realizzato in ottone e quello, realizzato in tempi recenti, cromato ed il cavatappi a due leve, che è la tipologia più diffusa, di cui i primi esemplari si datano all’inizio del Novecento.

Si inventano successivamente cavatappi “a concertina”, “a manovella”, “a due lame”, da cameriere, con spazzolino atto a pulire il collo della bottiglia, nelle diverse fogge, forma e forme, da tavola, da muro, da tasca, utilizzando materiali come legno duro (noce, faggio ed ebano) e nei tipi più raffinati in ferro, argento, ottone, osso e avorio, spesso riccamente lavorati e così via fino ai giorni nostri.

È difficile fare una classificazione precisa dei vari modelli di “cavaturaccioli”, troppe sono le versioni realizzate lungo il corso del tempo. I più conosciuti e più comuni sono il cavatappi semplice, tascabile, a meccanismo, a leva quello multiuso e figurativi.


 
 
 

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