andar per cavatappi
COLLEZIONE DI CAVATAPPI DI MARIO LEONETTI


Quando un cavatappi crea una passione
La Collezione
La prima volta che provai interesse per un cavatappi fu quando avevo circa otto anni. Era la fine degli anni ’50, una sera mio padre tornò a casa con un pacchetto per la mamma, un regalo che lei scarto con curiosità, ne usci fuori un oggetto un po’ inusuale da regalare: un anonimo cavatappi in ottone lucido a vite, con elica semplice e con la campana aperta. Appena lo vidi ne fui immediatamente affascinato, il lucido del metallo lo faceva sembrare, ai miei occhi, un oggetto prezioso. Lo presi tra le mani e l’elica che roteando faceva scendere e salire la vite lo faceva diventare un interessante congegno meccanico.
Inutile dire che divenne il mio gioco preferito. Passavo ore ed ore con il cavatappi nelle mani, girando l’elica e facendo scendere e salire la vite senza fine tanto da renderlo ancora più lucido.
Ma non era il colore a suscitare il mio massimo interesse bensì la meccanica. I geni famigliari incominciavano a svegliarsi anche in me, la passione per la meccanica che aveva tracciato la storia della mia famiglia, dal mio bisnonno a mio nonno fino a mio padre, in fondo la mia infanzia era trascorsa tra trapani, torni e ingranaggi, presse e rumori d’officina.
Il “mio cavatappi” continuò per molto tempo ad occupare i momenti che trascorrevo a casa, fino a quando l’esasperazione di mia madre, per il continuo e monotono rumore di fondo, non mi obbligava a riporre il prezioso oggetto.
Poi gli anni passarono e gli interessi diventavano diversi. La scuola che diventava più impegnativa, i primi calci al pallone, i primi amori, e … il cavatappi rimase in bella mostra nella libreria.
Strano il destino di quell’oggetto: non aveva mai svolto il compito a cui era proposto e mia madre pur avendolo ricevuto in regalo non l’aveva mai avuto!
Dopo tantissimi anni, mi ritrovai cinquantenne ed ancora una volta con quel “cavatappi” tra le mani… era ancora nella libreria e l’ho ritrovato casualmente, non aveva lo splendore di una volta ma il fascino si, l’elica girava ancora allo stesso modo, il vitone andava perfettamente su e giù e stranamente ricominciai a giocarci.
È come ritornare indietro nel tempo, un velo di malinconia copre per un momento l’entusiasmo nel ritrovare il mio antico gioco… ora posso continuare all’infinito, nessuno mi chiede di smettere. Ma è bello anche conservare e rivivere questi ricordi di tenerezza.
Continuo a girare per un po’ l’elica, riscopro lo stesso entusiasmo ma con un qualcosa in più: nasce in me la curiosità di sapere di più su quell’oggetto.
La curiosità si trasforma in voglia di conoscenza, in passione; nasce l’esigenza di approfondire la storia di quell’oggetto che per molti anni era stato un anonimo cavatappi diventato un appassionante giocatolo, è come riallacciare quel filo spezzato di una antica passione.
Prendo il cavatappi e lo porto da un amico per pulirlo e lucidarlo, quando torno a casa lo rimetto al suo posto e guardandolo, sorge in me una curiosità imminente per quell’oggetto che in fondo, molti anni fa, ha destato particolare interesse, mi viene un’idea… vado su internet e digito la parola magica “CAVATAPPO”.
Non posso credere ai miei occhi: infinite immagini e siti dedicati scorrono sullo schermo, sembra di entrare in un mondo fantastico.
Non conoscevo il mondo dei cavatappi e con mia soma sorpresa scopro che hanno una storia che ha attraversato i tempi, storia che inizia con il celebre monaco benedettino Dom Pierre Pèrignon (1638-1715), capo cantiniere dell’abbazia di Hautvillers, nella Marna, in Champagne.
La nascita del cavatappi è strettamente legata all’invenzione dello Champagne. Circa trecento anni fa, verso il 1660, il monaco francese scopre un nuovo metodo di fermentazione in bottiglia, che rende il vino effervescente e spumeggiante. Per sigillare ermeticamente la bottiglia creta e cera non sono più idonee e adopera per la prima volta il tappo di sughero. Iniziò cosi ad occorrere uno strumento che consentisse di togliere il tappo di sughero dalle bottiglie.
Credo che quello che per me era solo monotono giocattolo, ha una grande storia che ha accompagnato sin dalla sua nascita il gesto magico di quando si stappa una bottiglia, un mondo di cultura e di antiche tradizioni racchiuse in un piccolo ed indispensabile utensile.
Tanto importante da diventare un oggetto di culto, uno “status symbol” per gli uomini ed un motivo di “ostentazione al lusso” per le nobildonne di altri tempi.
Inizia così la “storia” del “cavatappo”!
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